Quale futuro: gli strumenti del presente

Proponiamo l’articolo dal titolo “Quale futuro: gli strumenti del presente” di Franco Negri, che sarà pubblicato sul numero 12 della rivista “La Concordia”, mensile della Comunità Pastorale e rassegna di vita cittadina di Tradate, che ringraziamo per la gentile concessione. Il giornale sarà in distribuzione dal 17 Dicembre, e sarà possibile acquistare copia della rivista presso la Direzione in Via S. Stefano, 40 – 21049 (e presso la segreteria della Comunità Pastorale a Tradate)

Ci siamo dati un tema che ogni giorno viene riproposto: il mondo che sarà. Pandemie e disastri economici sottopongono a un esame senza appello intere collettività, ne misurano la coesione, l’efficienza, la capacità di reazione. Rischiano però di non insegnarci nulla. Per la pandemia del 2020 alcuni hanno usato il coronavirus per rafforzare e ribadire ciò che pensavano già prima: chi era ‘globalista’ ha concluso che la pandemia ha reso evidente la necessità di una maggiore cooperazione internazionale per la prevenzione dei contagi.

Chi era sovranista, nazionalista, protezionista ne ha tratto conclusioni opposte, dando rilievo alla vulnerabilità, rispetto ad esempio alla Cina. Gli ambientalisti si sono rafforzati nella convinzione che dalla crisi si esca con un Green New Deal. Ed altri ancora hanno il loro punto di vista.

Qui invece vogliamo tentare di dare uno sguardo sul “futuro”, e lo facciamo attraverso una riflessione su alcune parole chiave (solo alcune) che sembrano diventate espressione indispensabili del nostro comunicare e che a ben vedere contengono significati non sempre univoci, creando occasione, da un lato, per introdurci alla comprensione del nuovo che verrà (o è già arrivato), e dall’altro, per scoprirne anche la valenza conflittuale.

  • Coronavirus:

ci dovremo convivere – ci dicono. I vaccini prossimi venturi ci aiuteranno. Al di là di considerazioni di carattere medico-scientifico, la vicenda di questa pandemia – afferma l’ex ministro Tremonti – “altera il disegno dell’ingegneria sociale finora applicata al mondo globale”; costituisce “un decisivo, strutturale mutamento di paradigma”, mutamento che ha e avrà un impatto non solo e non tanto economico, quanto soprattutto psicologico, e perciò un impatto ancora più forte. Anche se il corso della vita riprenderà.

  • Ambiente:

oggi denunciamo l’inquinamento, le emissioni industriali, la plastica, ecc. Ma, in nome della globalizzazione vengono prodotti merci in Asia (per il minor costo della manodopera orientale), per poi trasportarle, via mare, inquinando. In questo schema organizzativo c’è qualcosa che non va, già ora! Lo manterremo in futuro?

  • Ecosostenibile:

questa è la parola d’ordine che oggi dovrebbe dirigere il corso della rivoluzione industriale postmoderna, una rivoluzione (“New Green Deal”) destinata a ruotare sull’asse delle nuove energie. Da chiederci, tuttavia, se una rivoluzione ‘verde’ possa veramente essere efficace se fatta in un solo Continente (Europa) ma non anche negli altri (America e Asia).

  • 5G:

su questa tecnologia c’è uno scontro in atto, generato dalla spinta verso l’intelligenza artificiale, oltre la tradizionale ‘manifattura’. Sembra una spinta senza alternative, che tuttavia produce reazioni (su contenuti che tuttora non appaiono evidenziati con certezza, circa i connessi rischi di privacy e forse anche di salute). Con l’intelligenza artificiale assisteremo anche ad un cambiamento antropologico? Dopo l’homo sapiens, quale uomo?

  • Banca Centrale Europea:

da un ventennio circa è in atto uno spostamento dell’asse del potere, prima dai Governi Nazionali alla Banca Centrale Europea. E poi da questa al Mercato Finanziario Globale, a sua volta dominato da robot e algoritmi. Ma tutto ciò – si chiedono ormai in tanti – fino ad una … nuova Chernobyl monetaria?

  • Sovranismo, Patria:

quella di “patria” è stata, al principio dell’attuale secolo, un’idea che pareva svanire in nome della ‘globalizzazione’. Una ‘festa’ (quella della globalizzazione) che è tuttavia durata circa solo trent’anni, ora è in crisi. C’è un ritorno alla “Storia” (quella che abbiamo studiato a scuola, e tendente alla emancipazione dei popoli): può non piacere alle élites, che alcuni commentatori chiamano ‘mondialiste’ e di capitalismo finanziario mondialista, col loro “global order” e conseguenti bolle finanziarie create in questi ultimi anni, con la progressiva divaricazione tra chi ha di più e chi ha di meno.

  • Mainstream:

è un termine usato in vari campi delle arti e della cultura per indicare – in termini generali – una corrente che, in un particolare ambito culturale, è considerata più convenzionale, comune e dominante, venendo quindi seguita dal più grande pubblico (in contrapposizione, spesso, alle tendenze minoritarie). In particolare, ha applicazione anche in campo politico, in quello delle teorie economiche, sociali, e in tanti altri àmbiti, come ad esempio in quello della “Informazione”, proposta e accolta su gran parte dei mezzi comunicazione, alcuni dei quali sono, in effetti, portatori delle linee del governo di un Paese in quel determinato periodo storico.

Con riferimento al nostro tempo e alla vicenda Covid, si può fare una constatazione: da quel 21 febbraio 2020, giorno dell’individuazione del primo ammalato covid-19 in Italia (dunque 9 mesi fa), agli italiani veniva data (ogni giorno, su ogni rete) informazione sull’andamento della pandemia, con la persistente presentazione di tabelle di dati. Altri specialisti segnalavano invece la necessità di una diversa lettura e interpretazione dei dati, relativi a “contagiati”, “positivi”, “positivi asintomatici”, “malati”, “deceduti”, rapporto tra positivi e tamponi fatti”.

Ha destato sorpresa il Decreto (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 279 del 9 novembre 2020) che, con lo stanziamento di ben 50 milioni di euro da parte del Governo, viene riconosciuto alle emittenti radiofoniche e televisive locali un contributo straordinario per i servizi informativi connessi alla diffusione del contagio da Covid-19: tale Decreto è sembrato – a più di un commentatore – rappresentare il prezzo pagato per ‘comprare’ l’etica giornalistica e fare terrorismo mediatico, mediante la proposizione continua di dati statistici drammatici ma poco trasparenti (deceduti per Covid?, oppure per altre patologie e con Covid?). Questo intervento governativo indirizzato a far divulgare una certa informazione appare contrario anche al rispetto del procedere della scienza: infatti fin dai tempi di Galileo (coi princìpi di sperimentazione e verificabilità), fino ad arrivare ai nostri tempi (Karl Popper e il principio di falsificazione), siamo consapevoli che in campo scientifico nessuno ha la verità in tasca; la scienza è una scoperta continua, e anche ciò che sembrava vero può non esserlo più, in seguito a successive scoperte in quel campo. Imporre qualcosa dunque, a livello di informazione scientifica, sembra quindi essere anche poco ‘democratico’. Altro conto invece è asserire qualcosa portando dati verificati e testati (fino a quel momento) e statisticamente confrontabili.

Dati questi timori, nel mese di novembre sono intervenuti due eventi non secondari, che dovrebbero aver contribuito ad una maggiore serenità abbassando la conflittualità comunicativa sul coronavirus.

Il Tg di Canale 5, in una edizione serale di fine novembre, dando i consueti dati Covid ha tuttavia operato una inversione di marcia parlando di punti “su cui tutti gli scienziati concordano” (espressione utilizzata): “essere positivi non significa necessariamente essere malati; inoltre non significa neanche essere contagiosi, perché tutto dipende dalla carica virale, se è bassa non si contagia nessuno”. E dunque? Dopo otto mesi di confusa informazione che ha riempito i vari ‘Pronto Soccorso’ (con tutte le conseguenze immaginabili), qualcuno ha variato la voce del mainstream offrendo una diversa e più precisa informazione, contribuendo quindi ad abbassare, non la guardia verso il contagio, ma la psicosi del contagio!

Un secondo evento è l’Accordo di collaborazione scientifica, sottoscritto il 16 novembre scorso, tra l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e l’Accademia Nazionale dei Lincei: “ISS e Accademia intendono collaborare sull’analisi dei dati relativi alla diffusione di COVID-19 in Italia”, al fine di “sviluppare, valutare scambiare metodologie scientifiche di analisi e informazioni nell’ambito del monitoraggio e controllo dell’epidemia da SARS-COV-2”; e per divulgare i risultati e le conoscenze presso la comunità scientifica e la cittadinanza.

Una buona notizia dunque, che va nella direzione di una “informazione” più scientifica e più democratica! Speranza per l’oggi e per il futuro. Ci chiediamo se ciò avverrà anche in altri ambiti. O avremo sempre chi ci impone le ‘proprie verità’ (ripetendole continuamente attraverso i ‘propri’ media), anche in campo economico ed altro?

Facendo riferimento alla notizia dell’ultima ora, quella Dpcm Natale 2020, che contiene restrizioni anti Covid che ci accompagneranno dal 4 dicembre 2020 fino all’Epifania 2021, leggiamo che verranno impiegate 70mila unità delle Forze dell’Ordine per i controlli nei giorni di festa. Rapportato alla finalità di limitare o bloccare l’epidemia, questo sforzo è certamente lodevole. Tuttavia pone un quesito: non c’è solo l’epidemia del Covid-19 che provoca morti e disastri sociali; ci sono anche altre criticità drammatiche: ricordiamo la piaga della droga, spacciata in mille piazze d’Italia anche sotto gli occhi di bambini e famiglie, le quali sono nell’impotenza di fare osservare ‘la normalità’. Ultimato il periodo di restrizioni Covid, basterebbe pensare di utilizzare queste 70 mila unità (che dunque sono disponibili!) per dare un taglio (magari non definitivo, come per il Covid) alla piaga che ‘rovina la vita’ a giovani e meno giovani. Che ci siano tuttavia altri interessi?

  • Media e Social media:

con l’avvento e l’utilizzo di internet e dei social media il mondo si era illuso di aver intravisto l’alba della vera democrazia, quasi che la Storia (quella di tutti i secoli passati, dove la narrazione – si sostiene – è sempre stata quella dei ‘vincitori’) sia ormai ferma, bloccata, in quanto ‘le verità’ non possono ormai più essere tenute nascoste. Ebbene, vediamo che i problemi concernenti la verità e la democrazia rimangono anche in tempi di internet. Dunque un problema che investe l’Informazione, la comunicazione, il giornalismo: problema reso ancora più critico per il fatto che ormai tutti fanno comunicazione, tutti scrivono, tutti appaiono in tv, tutti millantano competenze: in tal modo la deontologia, la coerenza, l’indipendenza di pensiero e di ricerca, caratteristiche della vera informazione, sono reputate princìpi di secondaria importanza, ma rischiano così di rendere un servizio deferente verso un qualche ‘potere’, politico o economico, centrale o locale.

  • Vaccini:

sul grande capitolo ‘vaccini’ occorre anzitutto avere almeno una sufficiente competenza, come pure sulle variegate questioni connesse alla presente emergenza sanitaria.

La speranza e il clamore che i media e l’opinione pubblica manifestano per avere al più presto un vaccino che protegga dal Covid-19 sono il risultato dei grandi trionfi che i vaccini hanno avuto e stanno avendo nel controllo delle malattie infettive. 

Ma ogni malattia è un problema immunologico a sé stante: ancora oggi, con tutti i dati in possesso, è difficile prevedere quale tipo di vaccino possa essere veramente efficace (e definitivo) per il Covid-19. Nonostante la quantità di studi effettuati da quando il virus è stato caratterizzato per la prima volta, ci sono ancora un gran numero di incognite su questa malattia. 

Sono proprio queste incognite a giustificare pienamente la grande diversità delle strategie concettuali e tecnologiche che vengono attualmente perseguite nella preparazione dei vaccini contro Covid-19. Diversificazione dei vaccini giustificata dalla difficoltà di prevedere quale tipo di risposta immunitaria e quindi quale vaccino sarà più efficace, anche in relazione alle persone a cui verrà somministrato (maggior efficacia sugli anziani e/o su altre età) e l’attuale incertezza circa la durata della copertura immunitaria (con monitoraggio, nel tempo, su eventuali problemi collaterali).

Alcuni vaccini candidati sono nella loro ultima fase di convalida, sperando che potranno essere presto somministrati in modo sicuro (su richiesta volontaria e gratuita – ci dicono le Autorità). L’EMA (European Medicines Agency) è attualmente (novembre-dicembre 2020) in fase di autorizzazione finale per i vaccini ‘Pfizer’ (entro dicembre) e ‘Moderna’ (entro gennaio 2021). L’Europa – stando a quanto sappiamo – sembra mostrare più prudenza al fine di una maggiore sicurezza nella somministrazione dei vaccini, a differenza di altri committenti (Gran Bretagna, Russia, Usa, Cina) che l’hanno già avviata.

Tuttavia, si impongono ora urgentemente molte questioni concrete in relazione alla produzione, lo stoccaggio e la distribuzione, così come scelte difficili in termini di priorità nella somministrazione. E’ notizia recentissima l’attacco informatico condotto da hacker perpenetrare nella rete dei produttori di vaccini, al fine di carpire informazioni.

Sul piano organizzativo sembra non esistere alcun coordinamento a livello internazionale, se non parziale: i vaccini verranno distribuiti su richiesta degli specifici Stati e loro Sistemi Sanitari (sottoscrivendo contratti milionari) e solo i Paesi più ricchi (e fortunati) saranno in grado di ottenere vaccini essenziali per salvare vite umane e rafforzare la resilienza delle comunità.

E’ doverosa una ulteriore riflessione. La corsa mondiale alla scoperta e alla produzione dei vaccini è diventata anche una questione politica e di immagine (analogamente a quella che negli anni ’60 del secolo scorso è stata la corsa alla conquista dello spazio e della luna, da parte delle maggiori Potenze di allora): ciò dunque la dice lunga sulla mistura tra ‘sanità’ e ‘politica’. Tralasciando la questione della ‘prima’ località in cui si è originato il Covid-19, assistiamo – parlando dell’Italia – alla disputa tra distinte Autorità, quelle centrali e quelle periferiche (Regioni, Comuni), circa le misure adottate o da adottare per fronteggiare l’emergenza, col rimpallo di responsabilità anche per quanto riguarda la gestione delle risorse (strutture sanitarie, materiali, contratti). Nel rapporto sanità-politica un ruolo importante è quello dell’informazione, quella che dovrebbe far conoscere cosa sta avvenendo nel Paese, e dunque strumento di democrazia. Lo è sempre? Lo sarà (anche) in futuro?

  • Cashless e Cashback:

nel quadro della strategia di lotta all’evasione fiscale (contenuto nella ‘Manovra di Bilancio 2020’) il Piano “Cashless” avrà un ruolo rilevante. Il termine significa transazioni in cui non si usano contanti ma solo pagamenti elettronici, e parrebbe che (secondo il governo italiano) vada inteso come riduzione dell’uso dei contanti, consentiti fino a un tetto massimo variabile (quindi come piano limitazione contanti).

E “Caskbach”? : tale ulteriore anglicismo, utilizzato nel ‘Documento Programmatico’, dovrebbe significare la promozione di forme di pagamento tracciabile, in settori in cui è ancora diffuso l’uso del contante: verrà premiato chi paga con strumenti tracciabili.

  • Smart working, Dad, Webinar :

sono solo alcuni dei nuovi termini, espressione di un nuovo mondo, quello del lavoro, della scuola e della comunicazione. Un linguaggio che ci ha portati improvvisamente (e obbligatoriamente) verso il futuro. I periodi di lockdown (e ci chiediamo quanti saranno ancora) ci hanno costretto a rivedere la nostra vita, le nostre abitudini, le nostre attività, la nostra preparazione al “futuro”. Un “presente” che, intanto, ci costringe ad interrogarci su cosa intendiamo per ‘benessere’: benessere fisico, benessere mentale, benessere spirituale, e tanti altri ancora, a seconda delle aspettative di ciascuno. La pandemia ha accentuato ulteriori diseguaglianze, da una parte, con profonde sacche di povertà (perdita di lavoro o impossibilità per alcuni di passare allo Smart working; difficoltà per alunni meno abbienti di fare la ‘didattica a distanza’ (Dad) e gestire il tempo scolastico; difficoltà di partecipare ad eventi sociali, culturali ed altro, non disponendo di strumenti o competenze per partecipare ai Webinar (seminari interattivi tenuti su internet); e, dall’altra, creando nuove situazioni di ricchi (ad esempio, crescita esponenziale delle vendite online e produzione di materiale sanitario o altro, incentivato dai Decreti).

In questi mesi ci siamo rimpallati frasi ad effetto, tra sicurezza o speranza che “Tutto tornerà come prima”, e timore che “Tutto non sarà come prima”. Come se il problema consistesse nel solo “attendere”. Siamo continuamente sollecitati a dimostrare senso di responsabilità nei nostri comportamenti: e nel breve (intendendo cioè il tempo di smaltimento del problema contagi-vaccinazioni) stiamo cercando di mostrare responsabilità adottando le misure anti-Covid. Ma se guardiamo al nostro futuro? “Futuro” è avere una visione di lungo periodo!

Sarebbe essenziale non sprecare una crisi (quella attuale) di queste dimensioni. Nulla garantisce che riusciremo a farne buon uso. Ma, almeno, ci tentiamo?

Non si tratta solo della classe politica ma delle classi (imprenditoriale, finanziaria, burocratica, accademica, giudiziaria) che costituiscono il tessuto della società, compresi i “singoli” cittadini!

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